Intervista a Niccolò Perra, CTO di Pleo, scaleup che semplifica la gestione delle spese aziendali
Oggi ospitiamo Niccolò Perra, italiano residente a Copenaghen e CTO e co-founder di Pleo, una delle Fintech startup più importanti in Danimarca.
Nata nel 2017, Pleo ha chiuso recentemente un series B di 56 Milioni di USD.
Niccolò come sei finito in Danimarca e come hai iniziato il tuo percorso di startup?
Niccolò: Ho fatto il mio bachelor in informatica a Cagliari e al terzo anno ho fatto un Erasmus in Germania. Lì ho iniziato a confrontarmi con un contesto internazionale. Finito il diploma di laurea nel 2007, cercavo un’università per fare il Master. Volevo iniziare a gennaio e non a settembre e l’IT University of Copenaghen offriva la partenza con lo spring semester così ho scelto la Danimarca. Freddissimo e tantissima neve, ma mi sono subito trovato bene e qui ho fatto i miei due anni di master. Nel frattempo, ho avuto la mia prima esperienza da developer in una azienda di ingegneria aeronautica dove sono rimasto per tre anni. Nel 2009 mi sono laureato.
E poi è arrivata Tradeshift che all’epoca era poco più di una startup…
Niccolò: Sì,
sono stato il quarto sviluppatore ad essere assunto (eravamo in tutto 12 persone). Lì ho visto cosa vuol dire far parte di una startup nel bene e nel male. Vedere molto più da vicino i problemi di una azienda del genere. Devi trovare le priorità quando cresci così velocemente e farti spazio tra una miriade di priorità: non è semplice ma mi è piaciuto molto. Mi piace risolvere i problemi senza nessuno che ti indichi come fare. Non mi reputo un developer o un manager spettacolare, ma credo di avere la capacità di capire i problemi di provare a risolverli nella maniera più semplice possibile e in Tradeshift era quello che dovevamo fare ogni singolo giorno. Avevo avuto un’esperienza imprenditoriale ed ero abituato a trovare soluzioni ai problemi. Ci vuole qualità e passione per individuare un problema e provare a risolverlo.
Poi anche l’esperienza in Silicon Valley, giusto?
Dopo due anni, mi hanno chiesto se volessi ad andare ad aprire l’ufficio di San Francisco e vivere lì per costruire l’ufficio di Tradeshift. Eravamo un gruppo di sei persone incluso il CFO di Tradeshift, Jeppe (Pleo co-founder). La Bay area è ostica e sopravvivere non è facile. Eravamo gli unici al di fuori della timezone europea e lo sforzo era soprattutto per rimanere in contatto con gli uffici di Copenaghen. Sono stato lì 18 mesi e quando poi Tradeshift è arrivata ad una dimensione di 170 persone ho deciso che volevo fare qualcosa di mio. E così ho dato le dimissioni.
E a Tradeshift come l’hanno presa?
Niccolò: Gentilissimi. Mi hanno detto: “Prenditi un mese di vacanza per pensarci sopra. Poi fra un mese ne parliamo”.
Ma l’idea te l’eri già fatta…
Niccolò: Sì anche se sono rimasto tre mesi a San Francisco per finire una consulenza. All’inizio del 2014 sono tornato in Danimarca insieme a mia moglie, conosciuta nel frattempo a San Francisco, e mentre mi ritagliavo il tempo per lavorare a un mio progetto ho iniziato con piccoli contratti di consulenza, tra cui NETS, la mia prima esperienza vera dei pagamenti con carta. Certi concetti che ho imparato lì sono serviti per Pleo dopo.
E a Pleo quando hai iniziato a lavorarci?
Niccolò: Jeppe, che avevo conosciuto in Tradeshift, mi aveva invitato presso il suo stesso co-working space, dove presi anche io una scrivania. Stavamo lì, ognuno a lavorare ai propri progetti e a scambiarci idee ogni tanto. Ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: “Cerchiamo di trovare un’idea, nel frattempo facciamo un part-time”.
Con qualche obiettivo in termini di industria?
Niccolò: Sapevamo che volevamo stare nel fintech. Avendo entrambi esperienza in questo tipo di verticale. A me piace molto per la complessità intrinseca. Ovviamente è una complessità dovuta dal compliance (livello elevato di sicurezza), ma anche all’interfaccia con diversi partner (banche, infrastruttura, database, etc.) di vecchio tipo (con interfacce non moderne, con problemi di latenza).
Insomma, la Danimarca, ti ha proprio adottato in tutti i sensi. Come trovi lo stato di salute dell’ecosistema danese?
Niccolò: Ottimo. La percezione è che ci sia tanto fermento e che sia in forte crescita. Certo, Copenaghen è una cittadina rispetto ad altri grandi capitali europee e ciò comporta delle limitazioni in termini di crescita, soprattutto nella parte talent pool, dove altre città – Londra, San Francisco – hanno altri numeri e un altro tipo di offerta. La parte positiva è che come datore di lavoro fai parte di una “startup family”.
In che senso?
Niccolò: È una comunità molto piccola e quindi ci si conosce più o meno tutti. Forse è una cosa tipicamente danese, però questa influenza che il sistema paese ha avuto sulla cultura aziendale è una cosa di cui siamo molto fieri. L’altra faccia della medaglia è che, ovviamente, è una comunità talmente piccola che se devo scalare non ho i numeri per farlo guardando solo alla Danimarca e per quasi tutte le startup è normale avere esigenze di espansione all’estero sia come prodotto che come team. In Pleo sin dall’inizio abbiamo cercato di assumere internazionalmente per cercare di mitigare questo rischio (abbiamo già un ufficio a Londra e a Stoccolma e ne stiamo per aprire uno a Berlino).
E dell’Italia? Segui gli sviluppi digitali?
Niccolò: Colgo la fuga di cervelli e, parlando con colleghi italiani, alcuni dei problemi come la maturità a livello investitori e in generale la difficoltà nel trovare le giuste risorse anche solo per creare un MVP.
Ma senti un legame con la terra natia pur essendo lontano?
Niccolò: Sicuramente e mi piacerebbe essere più coinvolto anche in termini di mentorship magari sulla parte espansione internazionale con un team sardo.
Tornando a Pleo, come è nata l’idea?
L’idea, come molto spesso accade, è nata dalla frustrazione mia e di Jeppe nei confronti delle note spese. Volevamo risolvere il problema alla radice eliminando completamente le note spese. Abbiamo iniziato subito a lavorare ad un MVP ed è in quel periodo che abbiamo conosciuto il nostro primo investitore: Founders (startup studio tra i più quotati in Danimarca). Loro venivano da un progetto simile creato in-house e conoscevano le difficoltà di fare un progetto come il nostro soprattutto per ottenere una licenza per emettere Carte. Hanno capito la chimica tra me e Jeppe. (c’è molta fiducia a vicenda e ancora oggi è uno degli aspetti più importanti di Pleo). Founders ha spostato il loro investimento early stage su di noi. E il loro supporto è stato fondamentale, soprattutto nei primi mesi.
Ecco, i primi mesi come sono stati?
Niccolò: molto intensi, ma, tolte la prime settimane con tante idee diverse, è stato uno sviluppo molto lineare. Abbiamo passato i primi mesi a validare l’idea (senza essere live) e lavorare sulla parte “issuing”, (AML compliance, customer policies, disaster recovery etc.…) ovvero ottenere la licenza ed avere la possibilità di emettere carte.
La parte di validazione l’abbiamo fatta con mock-up, idee e interviste, ma con molto poco coding. Poi, quando abbiamo lanciato il prodotto avevamo già 1200 lead che potevamo contattare subito anche se magari molte non erano danesi e all’inizio abbiamo emesso carte solo in Danimarca.
E i primi utenti?
Niccolò: “Friends and family” (aziende che conoscevamo) per testare le funzionalità iniziali del prodotto. Le poche funzionalità che c’erano davano la possibilità ai primi clienti di capire cosa volessimo fare e di avere già un miglioramento (da trascrizione scontrini a informazioni già predisposte per la nota spesa fatte per te) nel 2016 a giugno abbiamo lanciato il prodotto con i primi clienti ad agosto. A settembre dello stesso anno avevamo già l’App con la push notification.
Il momento più difficile?
Niccolò: Non c’è mai stato un momento più difficile degli altri. Il focus è sempre stato sul fare in modo che si assumano le persone giuste e che le persone siano motivate e abbiano la possibilità di crescere nell’azienda.
Le persone sono tutto in Pleo… e non parlo solo del nostro team, ma anche uno ad uno tutti i nostri clienti.
Sono loro alla base del successo di Pleo.
Con tutta l’esperienza e il successo di Pleo, che consigli hai per uno startupper italiano?
Niccolò: Il mio consiglio è di farsi un’esperienza all’estero per avere una visione diversa del mondo e mettere in discussione le proprie “certezze”.
Cosa c’è nel futuro per te e Pleo?
Il mio ruolo in azienda sta cambiando… all’inizio devi occuparti di tutto, poi col tempo assumi persone con più esperienza di te che prendono responsabilità di determinate parti dell’azienda. Io quindi mi occupo sempre meno dell’operativo e invece spendo la maggior parte del mio tempo supportando I nuovi manager e promuovendo i valori di Pleo, soprattutto il rispetto e la trasparenza.
Nel futuro di Pleo abbiamo nuove funzionalità nel 2020 e il lancio del prodotto in tutta Europa in 2-3 anni.
Grazie Niccolò e in bocca al lupo per la crescita e le sfide future.
Vivo e lavoro a Copenhagen, ma flirto con l’ecosistema italiano da un po’. Nunziatella, Federico II, INSEAD MBA, startup advisor & business angel (4 startup in portfolio). Investo fondamentalmente in “kick ass team” più che in idee.